Una Fattoria per la Vita
Come una piccola fattoria di campagna fa bene anche alla città… C’era una volta… “Un Re” diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta una casetta di campagna…
Era, però, una di quelle casette che si riempiono di vita solo in estate e che poi, per tutto il resto dell’anno, tornano vuote. A farla diventare una Fattoria ci pensarono Nunzia e Fabrizio che, insieme ai loro bambini Cristofer, Tomas e Miscelle, un magico giorno arrivarono a Cecalocco. Certo, non fu facile, ma Nunzia e Fabrizio si dettero da fare. Per prima cosa, decisero quali specie animali allevare e scelsero, fra i mammiferi, gli ovini (cioè le pecore), i caprini (cioè le capre), i bovini (le mucche, i tori ed i vitelli), i bufali, i suini (i maiali, senza offesa), alcuni conigli (di razze diverse), i cavalli (pony compresi) e gli asini; fra gli uccelli, invece, scelsero di tenere in fattoria un po’ di pollame (cioè galli e galline), qualche tacchino (quelli che fanno “glu glu”…), alcune oche domestiche e qualche piccione (ma di razza).
Poi, studiarono la disposizione delle stalle, tenendo bene in considerazione l’esposizione (cioè l’orientamento della Fattoria rispetto ai punti cardinali Nord, Sud, Est ed Ovest) ed i venti dominanti sull’altopiano di Cecalocco in base alle necessità di ogni specie (i conigli, per esempio, soffrono molto l’umidità, mentre i bovini il caldo più del freddo). Quando completarono la scelta e sembrava tutto apposto, a Fabrizio venne in mente un’altra idea: voleva piantare, la dove c’erano già due meli dalle mele rosse, alcuni alberi da frutto, per poter chiudere con un po’ di colore e vitamina ogni pasto e per dare la possibilità a sua moglie di preparare delle ottime marmellate. Così prese vanga e piccone e si mise a fare le buche per trapiantare i giovani alberi di pero, ciliegio, pesco e mandorlo che aveva acquistato al vivaio giù in città; quando finì, trapiantò anche alcune viti, perchè gli sembrava bello in autunno poter offrire agli ospiti il frutto dai chicci più dolci: l’uva.
Nello stesso periodo, vedendo il marito così attivo, Nunzia non se ne stette con le mani in mano: si era messa in testa che, oltre a dare il fieno ai vitelli, la broda ai maiali, a preparare le caciotte con il latte delle capre, a rassettare la casa ed a far fare i compiti ai figli, poteva anche prodursi da sola la verdura che più usava in cucina, per essere veramente certa di nutrirsi con alimenti freschi e sani. Fu così, che, in una porzione del vecchi giardino della casetta, Nunzia ricavò un piccolo orticello nel quale, in un giorno assolato d’inizio primavera, mise a dimora pomodori, zucchine, carote e peperoni.
Nonostante tutto questo gran lavoro, però, Nunzia e Fabrizio non erano del tutto contenti: infatti, non sembrava loro giusto che i frutti delle loro fatiche quotidiane venissero goduti solo dalla famiglia e dagli amici. Perciò, un giorno molto importante in questa storia, alzarono la cornetta e telefonarono a tutte le scuole della città, invitando maestre e maestri, professoresse e professori, a visitare la Fattoria insieme ai loro studenti. I nostri, infatti, erano convinti che la vita della Fattoria potesse piacere un po’ a tutti, grandi e piccini, secchioni, scenziati, poeti o sognatori che fossero.
Oggi si dice in giro che il loro grande sogno si sia realizzato con somma gioia,
anche, degli abitanti della città.